Arrivati alla funivia, avendone evitato così il primo tratto, ci tocca comunque pagare 18 euro a testa per gli ultimi due tratti. Buona notizia è però che i bambini non pagano non più soltanto fino a 4 anni, ma fino a 7, cosa valida non soltanto su questa funivia, ma, credo, per quello che ho potuto verificare, in tutte le dolomiti.
Dalla terrazza panoramica a 3150 metri dove arriva la funivia alla cima della Tofana di Mezzo ci sono soltanto 90 metri di dislivello, di cui una prima decina si percorrono su comode e ampie scale metalliche, ma al termine delle quali minacciosi cartelli di divieto e uno sbarramento di corde sconsigliano vivamente di proseguire, avvertendo della pericolosità del percorso susseguente, riservato a soli alpinisti esperti, anzi la prima impressione è che il percorso sia chiuso e che sia assolutamente vietato proseguire oltre; guardando meglio si evince però che non c’è alcun divieto, ma solo pressanti segnalazioni di pericolo. Decido così di indossare imbragatura e casco e di andare in avanscoperta per vedere se il sentiero è davvero così pericoloso. Tra gli sguardi misti di riprovazione e preoccupazione degli altri turisti giunti in funivia scavalco così la barriera e mi dirigo verso la vetta. Pur percorrendo però il sentiero con tutta l’attenzione di cui sono capace non riesco però a trovare nessun pericolo: il sentiero largo e quasi pianeggiante e inoltre fiancheggiato da entrambe i lati da un inutile corrimano in corda arriva fino a dieci metri dalla vetta, dieci metri di facile gradinata rocciosa ben poco esposta.
Tornato incolume alla terrazza, altri turisti prendono coraggio e raggiungono la vetta, , seppur in sandali e infradito (ma anche così non ci sono problemi), mentre io cerco di convincere invano mia moglie e mia figlia che non c’è nessun pericolo e che ben più difficile ed esposto era il sentiero 253 affrontato il primo giorno per raggiungere la Forcella Antracisa: riuscirò soltanto, con non poche difficoltà, a convincere mia moglie, ma non la bambina, che terrò per il tempo necessario alla prima per raggiungere la cima. Maggiori difficoltà le incontrerò invece per trovare l’inizio della ferrata Lamon per la Tofana di Dentro, ingannato anche dai corrimano che, oltre guidare verso la vetta della Tofana di Mezzo, presentano anche una biforcazione verso tale cima, facendomi credere che da lì parta il percorso in questione.
Persa così un’ora buona a cercare la ferrata nella direzione sbagliata, mi accorgo poi ritornando verso la Tofana di Mezzo di una sbiadita scritta su roccia indicante Tofana III…
Decido quindi di partire, armato di imbragatura e ramponi, data la notevole presenza di neve in quota, per percorrere l’agognata ferrata. Dopo una facile ma ripida discesa il percorso attrezzato risulta sepolto e irraggiungibile sotto la neve, seppur per un breve tratto. Scendendo ancora qualche metro la lingua di neve si restringe parecchio e il passaggio per ricongiungersi alla ferrata è di solo pochi metri. L’ultimo metro però la neve si trasforma in ghiaccio e non me la sento di passare così dato anche il sottostante lungo scivolo di neve.
Calzo quindi i ramponi e provo, ma anche i ramponi non fanno sufficiente presa, per i miei gusti, sul ghiaccio duro. Torno ancora indietro e dopo anni in cui mi sono chiesto a cosa potesse mai servire la picozza comprata parecchi anni fa per il corso EE della sezione ligure del CAI in un attimo capisco tutto, a dimostrazione di come la pratica, specie se in situazione di pericolo, valga molto di più di mille discussioni teoriche… un attimo ancora però e mi rendo conto di aver lasciato la picozza in macchina…
In tutti questi attimi arriva una persona di ritorno dalla vetta e si ferma davanti a me per montare i ramponi. La cosa mi da molto coraggio: allora non sono io l’unico imbranato che giudica il passaggio pericoloso…
Decido allora di riprovare e aiutandomi prima con le mani conficcate nella neve e poi raggiungendo con un po’ di stretching una roccia adiacente riesco a passare. Dopo questo passaggio i ramponi non serviranno più e userò anche poco il kit da ferrata: pur in notevole esposizione i passaggi della ferrata sono quasi tutti facili.
Raggiungo quindi la vetta che presenta un panorama analogo a quello della sorella maggiore, sicuramente grandioso, a mio parere, meno bello di quello che si gode dal Piz Boè, con giudizio però forse influenzato dalla poco nitida giornata.
Durante la successiva discesa sono confortato dall’idea che il passaggio chiave su ghiaccio che devo riaffrontare lo potrò rendere assai più facile usando la corda che porto sempre nello zaino a mo’ di corda doppia sfruttando gli attacchi dei cavi metallici. Arrivato al punto chiave mi rendo conto però, di nuovo in un attimo, che lo zaino che mi sono portato dietro non è il mio, ma quello di mia moglie, e che, quindi, dentro non c’è la corda…
E va beh, se sono passato una volta… E in effetti passo anche la seconda, ma la prossima volta mi porterò anche la piccozza…